Le origini, l’isola e il fascino senza tempo della sua geografia
Nascosta tra le nebbie e i riflessi cangianti della Laguna Nord, Burano appare come un dipinto impressionista che ha preso vita. Le sue case dalle tinte sgargianti, i canali tranquilli solcati da barche colorate, i ponticelli di legno e la sua gente orgogliosa di una tradizione antica fanno di quest’isola una delle mete più suggestive e affascinanti del Veneto. Non è solo un luogo da cartolina: è una comunità viva, che racconta secoli di storia, arte, fatica e poesia.
Le origini di un nome e di un insediamento lagunare
L’etimologia del nome “Burano” è ancora dibattuta. Una delle ipotesi più diffuse fa risalire il toponimo a “Porta Boreana”, la porta settentrionale della città romana di Altino, da cui gli abitanti fuggirono nel VI-VII secolo a causa delle invasioni barbariche, specialmente quelle degli Unni e dei Longobardi. Queste genti si rifugiarono tra le barene e gli isolotti della laguna, dando vita a insediamenti stabili che sarebbero poi diventati centri importanti sotto la Serenissima.
Altri studiosi suggeriscono che il nome possa derivare da un toponimo germanico (forse legato al vento di bora) oppure da un prediale latino come Burius o Borius, a indicare un fondo agricolo appartenente a un antico proprietario. Questo rafforzerebbe l’idea che l’isola, in passato molto più estesa dell’attuale, fosse anche a vocazione rurale.
La prima menzione ufficiale di Burano compare in un documento dell’840, il Pactum Lotharii, dove è indicata come Burani al genitivo, confermando l’antichità dell’insediamento.
Una laguna come rifugio e spazio di vita
Come molti centri lagunari, anche Burano nacque su un arcipelago naturale: quattro isolette principali – San Mauro, San Martino, San Marco e Terranova – oggi unite da ponti e separate da tre canali principali (il rio Pontinello, il rio Giudecca e il rio Terranova). L’isola si trova nel quadrante nord-orientale della laguna di Venezia, non lontano da Murano e Torcello, e collegata all’isola di Mazzorbo da un ponte pedonale in legno.
Come Venezia, anche Burano è divisa in sestieri, per l’esattezza cinque:
San Mauro
San Martino Sinistro
San Martino Destro
Giudecca
Terranova
Questo sistema di suddivisione – analogo a quello della città madre – testimonia l’autonomia amministrativa e l’importanza sociale che Burano ebbe nel passato. Durante la Serenissima, l’isola dipendeva dal podestà di Torcello, ma nel XVI secolo ottenne una propria sede podestarile, aumentando di rango.
Il fascino dei colori: funzione, identità e mito
Uno degli aspetti più caratteristici di Burano è senza dubbio la straordinaria policromia delle sue case. Ogni abitazione è dipinta con colori brillanti – dal rosa ciclamino al verde lime, dall’azzurro cielo al giallo canarino – creando un effetto caleidoscopico che incanta turisti, fotografi e pittori.
Le motivazioni dietro questa usanza sono molteplici. Una leggenda popolare narra che i pescatori, rientrando dalla laguna nelle giornate nebbiose, potessero riconoscere la propria casa grazie al colore delle pareti. Un’ipotesi più concreta suggerisce che, in un contesto di famiglie numerose con cognomi ricorrenti, ogni tonalità servisse a identificare un ramo specifico. A ciò si aggiunge una lunga tradizione orale fatta di soprannomi, usati per distinguere i diversi nuclei familiari.
Nel corso del tempo, il colore è diventato simbolo di identità collettiva. A partire dal periodo del Regno d’Italia, per cambiare colore alla propria abitazione era (e ancora oggi è) necessario ottenere l’autorizzazione ufficiale. Il Comune fornisce una tavolozza approvata tra cui il cittadino può scegliere, contribuendo così a mantenere omogenea e coerente l’immagine dell’isola.
Case, corti e paesaggio urbano
Tra le abitazioni più note si distingue la celebre Casa di Bepi Suà, decorata con motivi geometrici e colori vivaci. Bepi era un personaggio locale amatissimo, ricordato per la sua creatività e per l’impegno nel rendere il proprio spazio domestico una vera opera d’arte.
Non meno importanti sono le corti interne, luoghi raccolti e silenziosi dove la vita quotidiana si svolge ancora con ritmi antichi: si stende il bucato, si chiacchiera tra vicini, si ripara la rete da pesca. Una delle più caratteristiche è Corte Bortoloni, esempio perfetto di architettura popolare veneziana.
Collegamenti e viabilità acquea
Burano è raggiungibile da Venezia (Fondamente Nove, San Marco/San Zaccaria), da Murano (fermata Faro), da Torcello e dal litorale di Cavallino-Treporti tramite le linee di trasporto pubblico ACTV, in particolare il vaporetto linea 12. Il tragitto, sebbene richieda tempo, è di per sé parte dell’esperienza: si naviga attraverso paesaggi lagunari unici, tra canali, barene e isolotti selvaggi.
Una volta giunti sull’isola, ci si muove esclusivamente a piedi: Burano è interamente pedonale. I ponti – spesso in legno o in muratura – collegano le diverse isolette, mentre le calli e le fondamenta offrono percorsi suggestivi tra botteghe artigiane e vedute sull’acqua.
L’arte della filigrana, i monumenti, la fede popolare e il museo del merletto
Il merletto: una leggenda fatta di ago e poesia
Non si può parlare di Burano senza evocare il suono ritmico e silenzioso dell’ago che attraversa il filo sottilissimo del merletto a punto in aria. Si tratta di un’arte antichissima e delicata, nata – secondo la leggenda – da una promessa d’amore.
Un giovane pescatore, resistendo al canto delle sirene per amore della sua amata rimasta a casa, fu premiato con una corona di spuma marina. La ragazza, incantata dalla bellezza del dono, cercò di riprodurne la leggerezza con ago e filo, dando origine al primo merletto buranello. Le sue amiche la imitarono, e così cominciò la tradizione che avrebbe reso Burano celebre in tutta Europa.
Una tecnica unica al mondo
A differenza del più noto merletto al tombolo, quello di Burano è interamente eseguito ad ago. L’arte si sviluppa “in aria”, senza telaio: si disegna il motivo su carta oleata, si tende un supporto leggero, e con punti minuziosi – come il punto Venezia, il punto rosa, il punto reticella – si costruisce la trama. Il risultato? Una filigrana tessile che imita pizzi floreali, animali, architetture e arabeschi.
Nel Seicento e Settecento, i merletti buranelli erano tra i più richiesti dai nobili e dalle corti europee: la Francia, la Spagna, l’Impero asburgico ne facevano largo uso per decorare camicie, jabots, colletti, abiti e paramenti sacri. Preziosissimi e costosi, erano considerati segni di raffinatezza e potere.
La rinascita dell’Ottocento
L’arte rischiò l’estinzione nel XIX secolo, ma fu salvata nel 1872 grazie alla contessa Adriana Marcello, che avviò un progetto per rivitalizzarla e offrire lavoro alle donne dell’isola, duramente colpite dalla crisi economica. Fondamentale fu la collaborazione con Vincenza Memo, detta Cencia Scarpariola, che trasmise i segreti della lavorazione alla maestra Anna Bellorio D’Este, dando vita alla Scuola del Merletto, ospitata nel seicentesco Palazzo del Podestà.
Le commesse iniziali provennero da regine, duchesse e aristocratiche d’Europa: la regina Margherita di Savoia, la principessa di Sassonia, la duchessa di Hamilton, la regina d’Olanda, la contessa Bismarck. Il merletto tornò alla ribalta, e la scuola arrivò a contare oltre 500 allieve nel 1905, con una produzione che superava le 150.000 lire annue.
Dopo la Prima guerra mondiale, però, l’interesse per il merletto calò: la moda cambiava, la produzione industriale sostituiva il lavoro manuale, e i costi del merletto artigianale erano proibitivi. Solo a partire dagli anni Ottanta, grazie all’intervento della Fondazione Adriana Marcello e alla collaborazione con i Musei Civici Veneziani, fu creato il Museo del Merletto, che oggi conserva oltre 200 esemplari storici tra XVI e XX secolo.
Monumenti e architetture simbolo
Piazza Baldassarre Galuppi
Unica piazza dell’isola, porta il nome del compositore buranello Baldassarre Galuppi (1706–1785), autore di melodrammi apprezzati da Goldoni e nelle corti europee. Un tempo era un canale interrato: oggi è il cuore dell’isola, animato da botteghe, caffè, ristoranti e manifestazioni locali.
Chiesa di San Martino e il campanile storto
Al centro della piazza si erge la Chiesa di San Martino Vescovo, costruita tra il XVI e il XVIII secolo. L’interno, a tre navate con crociera e colonne neoclassiche, ospita la celebre Crocifissione di Giambattista Tiepolo (1725), un capolavoro denso di pathos e luce barocca.
A rendere inconfondibile la silhouette della chiesa è il campanile pendente, alto oltre 53 metri e inclinato di circa 1,83 m, a causa del cedimento del terreno paludoso su cui poggia.
La Cappella di Santa Barbara
Accanto al Duomo, la cappella custodisce le spoglie di Santa Barbara, traslate a Burano nel 1811 dopo la soppressione del convento torcellano di San Giovanni Evangelista. Protettrice dei vigili del fuoco, artiglieri e minatori, è raffigurata con la palma del martirio e una torre a tre finestre.
Il sarcofago marmoreo che ne conserva il corpo è arricchito da un paliotto seicentesco in pietre dure e da antichi dossali lignei provenienti dalla chiesa di Santa Fosca a Torcello.
Fede popolare e confraternite
Burano fu storicamente un centro di profonda religiosità popolare. Oltre alla parrocchia di San Martino, l’isola ospitava numerose confraternite laicali – come quella del Rosario, di San Rocco, di Santa Maria – attive in opere di carità e organizzazione di feste religiose.
San Rocco, festeggiato il 16 agosto, è il protettore dall’epidemia di peste. Ancora oggi la festa è molto sentita.
San Mauro, ricordato il 15 gennaio, era patrono dei pescatori.
La Madonna della Pellestrina, venerata a gennaio, protegge la laguna dalle mareggiate.
Ogni sestiere possedeva un proprio oratorio, una cappellania o una chiesa ora scomparsa. L’antico monastero delle Cappuccine, sorto nel 1533 e soppresso da Napoleone nel 1806, è oggi uno spazio espositivo e culturale.
Il Museo del Merletto
Ospitato nello storico Palazzo del Podestà, accanto alla piazza centrale, il museo racconta l’evoluzione della tradizione del merletto dal Cinquecento al Novecento. Vi si trovano esposti:
Merletti in punto Venezia, roselline, reticella, controtagliato.
Bozzetti originali, disegni, fili e strumenti.
Documenti della Scuola, lettere autografe e foto storiche.
Ricostruzioni ambientali delle aule e dei tavoli da lavoro.
Il Museo è parte della rete dei Musei Civici Veneziani e organizza corsi, visite guidate, mostre temporanee e laboratori per la valorizzazione di un’arte fragile e preziosa.
La Scuola di pittura, le tradizioni popolari, il dialetto, le barche e i sapori di Burano
La Scuola di Burano: un laboratorio artistico tra acqua e luce
Nel primo Novecento, Burano non fu solo ispirazione per i turisti, ma divenne culla di una delle esperienze pittoriche più poetiche e sincere d’Italia: la cosiddetta Scuola di Burano. Questo movimento – più ideale che strutturato – nasce attorno al 1910 grazie a un gruppo di artisti legati a Ca’ Pesaro e attratti dal paesaggio lagunare, intimo e vibrante, che Burano offriva.
I grandi protagonisti
Gino Rossi (1884–1947), pittore veneziano dalla vita tormentata, fu uno dei capostipiti. I suoi paesaggi di Burano, con case dai colori accesi e figure umane ridotte a silhouette liriche, sono un’interpretazione emotiva della realtà, influenzata dai fauves francesi e dal primitivismo di Gauguin. Rossi dipinse l’isola non come un luogo turistico, ma come universo di solitudine e silenzio, colmo di pathos.
Umberto Moggioli (1886–1919), invece, privilegiava una visione luminosa e serena, fatta di tinte tenui e riflessi sull’acqua. Morto giovanissimo, fu uno dei più raffinati paesaggisti italiani. Con lui operavano Luigi Scopinich, Pio Semeghini, Nino Springolo, Carlo Dalla Zorza, Ettore Tito e Arturo Martini – quest’ultimo celebre soprattutto come scultore, ma vicino ai pittori buranelli nei primi decenni del secolo.
Nel dopoguerra, artisti come Emilio Vedova, Bruno Romagnoni, Giuseppe Santomaso e Gigi Candiani rinnovarono il linguaggio pittorico, portando il gesto e l’espressionismo nel cuore lagunare. Fu istituito il Premio Burano, che dal 1946 al 1991 rappresentò una delle più importanti manifestazioni artistiche italiane.
Oggi le opere della Scuola di Burano si trovano in collezioni pubbliche e private, ma ancora alcune gallerie sull’isola – e soprattutto la luce dorata che avvolge le calli – testimoniano l’eco di questa stagione irripetibile.
Vita quotidiana: tra reti, dialetto e memoria
Nonostante l’afflusso turistico, Burano ha mantenuto uno spirito comunitario forte, fatto di famiglie legate da generazioni, tradizioni tramandate e un senso di appartenenza molto radicato. Il carattere dei buranelli è fiero, generoso, ma anche ironico e scanzonato, come si evince dal dialetto buranello, una variante del veneziano dalla cadenza particolare.
Il dialetto buranello
Rispetto al veneziano urbano o al chioggiotto, il buranello si distingue per:
Allungamento delle vocali toniche.
Raddoppiamento delle consonanti.
Cantilena musicale nelle frasi, quasi da nenia.
Queste caratteristiche conferiscono alla parlata locale un tono teatrale, caldo, che si presta bene al racconto e all’aneddoto. Alcuni termini sono entrati anche nel dialetto di Ancona, dove una piccola comunità buranella emigrata nel Settecento ha lasciato tracce linguistiche.
Un esempio? Il termine mamulini (o màmuli) per indicare i bambini piccoli.
Gli squeri e le barche di Burano
Un tempo Burano era sede di numerosi squeri – i cantieri dove si costruivano e riparavano imbarcazioni lagunari. Oltre a sandoli, batele e peàte, qui si fabbricavano le caorline da seragia, le barche da trata, e soprattutto il sandolo buranelo, barca agile, solida e perfetta per la voga alla veneta.
Il sandolo buranelo, lungo tra i 5 e i 9 metri, ha uno scafo sottile e leggero. Veniva usato dai pescatori per la pesca al tramaglio, al seragio e alla tratta. Oggi è impiegato nelle regate storiche e nei raduni lagunari, dove Burano ha ancora un ruolo importante.
Le regate più sentite sono quelle di settembre, quando le barche colorate si sfidano con vogatori in costume: un rito identitario che richiama l’intera comunità.
La cucina buranella: sapori lagunari
Burano ha una tradizione culinaria semplice ma autentica, legata alla pesca e ai prodotti dell’orto. I piatti principali sono:
Risotto di gò
Il gò (ghiozzo) è un pesce lagunare dal sapore intenso. Il suo brodo, preparato con testa e spine, è la base del risotto di gò, un piatto antico, povero ma ricco di gusto. Viene servito con pepe nero e un filo d’olio.
Bussolà e esse buranelle
I bussolà sono biscotti a forma di ciambella, gialli per la presenza abbondante di tuorli. Nascevano come dolci da viaggio per i marinai, grazie alla lunga conservabilità. Dallo stesso impasto si ottengono le esse buranelle, dalla tipica forma a “S”, ideali per l’inzuppo nel vino dolce o nel caffè.
Altri piatti tipici
Sarde in saor (marinate con cipolle e aceto).
Fritture miste di laguna.
Zuppa di pesce.
Moeche (granchi in muta) fritte.
Molti ristoranti dell’isola mantengono viva la cucina locale, con menù basati sulla stagionalità e sui prodotti della laguna.
Artigianato a Burano
Burano è celebre innanzitutto per il suo merletto ad ago, vero cuore dell’artigianato locale. Tuttavia, nell’isola convivono oggi altre forme di produzione artigianale, spesso nate da contaminazioni con il contesto più ampio della laguna e Venezia:
Maschere in cartapesta – Alcune botteghe realizzano o vendono maschere veneziane fatte a mano, dipinte e decorate secondo la migliore tradizione, si inseriscono perfettamente nel tessuto dell’artigianato buranello ed esaltano l’anima culturale dell’isola.
Vetro di Murano – Su Burano è presente almeno un laboratorio ben noto, New Arte Fuga, gestito da maestri vetrai murano che producono direttamente sull’isola oggetti in vetro artistico, utilizzando tecniche tradizionali muranesi. Questi articoli – pendenti, sculture, vasi, piatti, accessori – certificati come autentici e originali, vengono venduti direttamente al pubblico da botteghe locali come quella di Alessandro Tagliapietra. Pur non essendo una tradizione storica di Burano, la presenza di questi laboratori è oggi parte attiva dell’’offerta artigianale dell’isola.
Miniature, incisioni e acquerelli lagunari – Alcuni artisti locali e piccoli studi grafici vendono opere raffiguranti scorci di Burano, Torcello o Mazzorbo, contribuendo a una produzione artistica indipendente e complementare al merletto e all’artigianato più storico.
In sintesi: Burano continua ad essere dominata dal merletto artigianale, cuore immateriale della sua identità culturale. Accanto a questa grande tradizione, si trovano oggi anche botteghe di maschere in cartapesta, piccole sedi di vetrai muranesi che producono oggetti in vetro e studi grafici che realizzano stampe, acqueforti e dipinti ispirati al paesaggio lagunare. Questa varietà permette all’isola di offrire un ventaglio creativo che va oltre la sola lavorazione tessile, ma sempre nel rispetto della tipicità buranella.
Conclusione: un’identità che resiste
Burano è molto più di un’isola colorata. È un universo di simboli, gesti, tradizioni e suoni, dove ogni pietra ha una voce e ogni scorcio racconta una storia. È un luogo che ha saputo resistere, reinventarsi, ma sempre nel rispetto della propria identità.
Tra i fili del merletto, i riflessi dei canali, la voce delle merlettaie e le pennellate degli artisti, Burano continua a essere un mosaico vivo, pulsante e luminoso nel cuore della laguna. Un luogo da vivere lentamente, ascoltando il vento tra le calli e lasciandosi guidare dal colore.
Glossario buranello
Barena – Terreno lagunare periodicamente sommerso dalle maree; elemento distintivo della Laguna di Venezia.
Bussolà – Biscotto tradizionale buranello, a forma di ciambella, a base di uova, zucchero, burro e farina. Diffuso nella variante a forma di “S” (esse buranelle).
Corte – Spazio comune tra più abitazioni, tipico dell’urbanistica veneziana e buranella, spesso con pozzo al centro.
Gò (ghiozzo) – Pesce di laguna, saporito e usato per il brodo del risotto alla buranella.
Merletto ad ago / Punto in aria – Tecnica raffinata di merletto realizzata con ago e filo su supporto temporaneo, senza tombolo. Tradizione peculiare dell’isola di Burano.
Moeche – Granchi in fase di muta, tenerissimi e prelibati, fritti in pastella; piatto tipico della laguna.
Podestà – Magistrato della Serenissima Repubblica di Venezia incaricato del governo locale nelle isole lagunari.
Squeri – Cantieri veneziani per la costruzione e manutenzione di barche lagunari.
Sandolo buranelo – Tipica imbarcazione di Burano: stretta, leggera, maneggevole. Usata nella pesca e nelle regate.
Tombolo – Cilindro imbottito su cui si lavora il merletto a fuselli (non usato nel merletto buranello).
Tre Ponti – Incrocio caratteristico sull’isola dove si incontrano tre ponti, tre canali e tre sestieri: uno dei luoghi più fotografati.
Bibliografia commentata
1. Tassini, Giuseppe – Curiosità Veneziane (1872)
Raccolta ottocentesca di aneddoti e dati toponomastici veneziani, utile per comprendere le origini del nome Burano e la sua evoluzione amministrativa. Una fonte imprescindibile per chi desidera conoscere il lessico e la mentalità della Venezia premoderna.
2. Fortuny, Mariano – L’Arte del Merletto di Venezia (1902)
Saggio storico e tecnico sul merletto veneziano e buranello, con illustrazioni. Descrive dettagliatamente punti, motivi e l’evoluzione dei centri di produzione.
3. Museo del Merletto – Catalogo della collezione permanente (Fondazione Musei Civici di Venezia, 2012)
Catalogo completo delle opere esposte a Burano. Ottimo per chi desidera approfondire le tipologie, gli stili e le fasi storiche della lavorazione del merletto ad ago.
4. De Michelis, Cesare – La Scuola di Burano: Arte e Laguna (Marsilio, 1993)
Studio approfondito sulla pittura buranella del Novecento, con focus su Gino Rossi, Moggioli, Semeghini e gli altri artisti del Premio Burano. Ricco di riproduzioni a colori.
5. Vaianella, Antonio – Misteri di Venezia – Rune vichinghe all’Arsenale (Yujo Edizioni, 2021)
Non direttamente su Burano, ma utile per contestualizzare la cultura lagunare nel suo insieme. L’autore mostra un forte interesse per il legame tra linguaggio, mito e realtà veneziana.
6. Barzman, Karen-ed. – The Limits of Identity: Venice and the Reformation of Space (Brill, 2017)
Un testo accademico sull’organizzazione spaziale e identitaria delle isole veneziane, utile per comprendere la logica dei sestieri e la religiosità civica.
7. Archivio Storico di Venezia – Atti della Magnifica Comunità di Burano (microfilmati e trascritti, consultabili su richiesta)
Fonte primaria per lo studio della vita amministrativa, religiosa e popolare di Burano tra Seicento e Ottocento.
8. Menegazzi, Giulio – I Dolci della Tradizione Veneziana (Linea Edizioni, 2005)
Ricette e contesto storico dei dolci veneziani, con dettagli sul bussolà e le sue varianti locali.







