Tintoretto, Creazione degli animali, Gallerie dell’Accademia di Venezia, 1550, olio su tela, 151x256cm.
Tintoretto: Il fulmine della pittura veneziana
Se c’è un artista che ha saputo far vibrare la pittura veneziana con la forza di un lampo, quello è Jacopo Robusti, detto Tintoretto. In un’epoca dominata dall’armonia e dalla compostezza, lui ha scelto il tumulto, la velocità, l’azzardo, l’impressione, l’energia. Il suo pennello correva come un fulmine sulla tela, lasciando dietro di sé esplosioni di luci e ombre, gesti teatrali, prospettive vertiginose, macinando chilometri e chilometri di pennellate distese su teleri giganteschi. Questi sono solo alcuni dei motivi per cui questo pittore è stato un rivoluzionario, distinguendosi come uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. Soprannominato “il furioso” per l’energia della sua pennellata, Tintoretto era dotato di una grande e forte personalità, come una vera e propria rockstar, motivo per cui era anche chiamato “Il ribelle”. Questa sua personalità, fortissima, era testimoniata anche dal motto che lo stesso pittore aveva appeso fuori dalla sua bottega “Il colorito di Tiziano e il disegno di Michelangelo”.
L’arte come teatro, la pittura come azione
Uno dei tratti distintivi del Tintoretto è la teatralità. Non si limitava a rappresentare un dipinto, ma una ver e propria messa in scena. Ogni quadro del Tintoretto è un palcoscenico in cui i personaggi si muovono drammaticamente, sospesi tra realtà e visione mistica. C’è sempre una tensione latente, un dinamismo quasi cinematografico (in anticipo di secoli). Tintoretto voleva sorprendere, coinvolgere lo spettatore, trascinarlo dentro la scena. L’immobilità lo annoiava. La staticità era un nemico da combattere a colpi di luce diagonale, corpi in torsione, architetture che sfondano lo spazio, l’artista era un virtuoso nel voler stupire tutti attraverso la sua pittura.
“Il furioso” di Venezia
Tintoretto è stato spesso considerato un outsider rispetto ai più “equilibrati” Tiziano e Veronese. Con questi due pittori componeva il trio dei tre più grandi pittori del ‘500. Proprio questa sua foga, questo suo essere inclassificabile, lo rende oggi straordinariamente moderno. Era un genio instancabile e al tempo stesso un visionario mistico, un artista che univa la tecnica più rapida e grezza con intuizioni spirituali potentissime, difatti la velocità d’esecuzione era una delle sue doti più apprezzate.
Innovatore assoluto
Uno degli aspetti più potenti è il suo uso della luce: non come semplice illuminazione della scena, ma come forza narrativa. Tintoretto anticipa il Barocco, gioca con i contrasti, crea squarci di luce divina che attraversano il buio per colpire i personaggi in pieno volto o per disegnare atmosfere sacrali e inquietanti. Anche la composizione è rivoluzionaria: tagli audaci, prospettive sbilanciate, punti di vista inconsueti. Tintoretto sfida lo spettatore, lo costringe a muoversi davanti alla tela, a cercare il proprio punto di equilibrio. I suoi quadri rappresentano una totale esperienza fisica e mentale, prima ancora che visiva. Il furioso ha rivoluzionato la pittura anticipando linguaggi visivi che oggi definiremmo cinematografici. Le sue composizioni tagliano la scena come farebbe una macchina da presa: inquadrature diagonali, luci drammatiche, azione congelata in un istante di massima tensione. Lui non cerca l’equilibrio, ma lo squilibrio; non l’ordine, ma il caos organizzato. Tintoretto non si è mai venduto alla bellezza fine a sé stessa. Il suo scopo non era piacere, ma rivelare: è un artista che fa tremare lo sguardo, che spezza il comfort visivo per restituirci il mistero. Proprio per questa sua capacità di fare dei quadri che erano dei veri e propri film, e per questa sua abilità di anticipare, di tanti secoli, le prime tecniche cinematografiche, Tintoretto è stato definito da Sartre come il primo regista cinematografico della storia. In tanti, nel corso dei secoli, hanno espresso numerose lodi per l’artista: Vasari lo definì “Il più grande cervello della storia della pittura”, Berenson disse che “Nessun altro pittore, neppure Michelangelo, è stato capace di un simile impeto visionario.”, Delacroix affermò “Una forza della natura. Se il colore avesse potuto urlare, lo avrebbe fatto nei suoi quadri.”, mentre Ruskin, durante il suo viaggio a Venezia, si sentì “piccolo dinanzi al grande intelletto del Tintoretto” in vista del Paradiso di Palazzo Ducale, definendo il capolavoro come il «più meraviglioso saggio di pura, forte e magistrale pittura di questo mondo».
Tintoretto, San Marco libera uno schiavo, Venezia, Gallerie dell’Accademia, 1548, olio su tela, 416x544cm.
Tintoretto, San Rocco risana gli appestati, 1549, olio su tela, Scuola Grande di San Rocco, Venezia, 304x673cm.
Tintoretto, Lavanda dei Piedi, Museo del Prado, Madrid, olio su tela, 1549, 210x533cm.
Tintoretto, Presentazione della Vergine al tempio, 1551, Chiesa della Madonna dell’Orto, Venezia, 429x480cm, olio su tela.
Tintoretto, Susanna e i vecchioni, 1557, olio su tela, Kunsthistorisches Museum di Vienna, 147x194cm.
