Per oltre millecento anni, dal 697 al 1797, a capo della Repubblica di Venezia vi fu la figura del doge (dal latino dux, guida, comandante). Anticamente duca del dominio bizantino e poi sovrano elettivo, nei secoli si trasformò in supremo magistrato e immagine della maestà dello Stato. Col tempo, il doge perse progressivamente potere, diventando solo il simbolo di una Repubblica “coronata”.
Solitamente, la persona selezionata come doge era uno degli anziani saggi della città. Dopo le precedenti residenze a Heraclia e Metamaucum, la sua dimora ufficiale divenne il Palazzo Ducale, simbolo del potere e della ricchezza della Serenissima. Oggi iniziamo a raccontarvi la storia dei dogi di Venezia, partendo, ovviamente, dal primo.
Paoluccio Anafesto è considerato dalla tradizione il primo doge dell’allora Ducato di Venezia, governando dal 697 al 717.
Come da tradizione, di lui si sa estremamente poco. Va detto, anzitutto, che le prime attestazioni lo riportano semplicemente come Paulicio, mentre l’attuale forma Paoluccio, così come il cognome Anafesto, compaiono più tardi.
Tra i primi a parlarne è lo storico Giovanni Diacono, vissuto a Venezia tra il X e l’XI secolo. Secondo il suo racconto, sin dalla metà del VI secolo la Venetikà, il distretto bizantino esteso sulle lagune venete, era governata da tribuni eletti annualmente. Tuttavia, dopo centocinquant’anni queste istituzioni si dimostrarono inadeguate nel fronteggiare gli attacchi dei barbari. Perciò il patriarca di Grado, massima autorità ecclesiastica del territorio, convocò un’assemblea nella capitale Eraclea per eleggere un duca con mandato a vita su cui concentrare il potere. Dopo lunghe discussioni, la scelta cadde su Paoluccio, una delle personalità più capaci e prestigiose della città, inaugurando così la serie dei dogi che guidarono Venezia ininterrottamente fino al 1797.
La vicenda si inserisce nel più ampio contesto dell’invasione longobarda dell’Italia, che portò i Bizantini a militarizzare i domini rimasti sotto il loro controllo. Al vertice di essi fu posto un esarca con sede a Ravenna, il quale coordinava vari ufficiali, detti duces o magistri militum, dislocati nelle diverse unità territoriali. A loro volta, questi avevano sottoposti i tribuni o comites, a capo di singole città o castelli. Fu così che anche Venezia, inizialmente amministrata da vari tribuni e forse unita all’Istria in un’unica regione, divenne un ducato a sé stante.
Nelle cronache, tuttavia, non si fa cenno al conferimento formale della carica a Paulicio, che avrebbe dovuto spettare all’esarca. Forse gli storiografi hanno volutamente omesso questa informazione, sempre riluttanti ad ammettere l’iniziale dipendenza da Costantinopoli. Oppure la mancata menzione si spiega con una momentanea crisi dell’autorità esarcale.
Paoluccio è ricordato come un governatore equilibrato, ma ebbe rapporti difficili con il patriarca di Grado, sebbene non sia chiaro il motivo dei contrasti. Con Liutprando stipulò un trattato di pace, ancora in vigore ai tempi di Giovanni Diacono, e definì i confini di terraferma con il regno dei Longobardi (terminatio liutprandina). Questo accordo è citato nel Pactum Lotharii dell’841, in cui si riporta che, per quanto riguarda i confini di Cittanova, si considerava valido quanto concluso tra il re Liutprando, il duca Paulicio e il magister militum Marcello.
Secondo le fonti, morì dopo vent’anni e sei mesi di governo, forse nel 717, e venne sepolto a Eraclea. Verosimilmente spirò di morte naturale, ma alcuni storici antichi lo descrivono vittima di una rivolta perpetrata da alcuni maggiorenti di Malamocco ed Equilio, che uccisero anche i suoi figli, a eccezione di un chierico che ne avrebbe continuato la discendenza. Gli successe Marcello Tegalliano, forse lo stesso menzionato nel Pactum Lotharii.
Tuttavia, potrebbe non essere mai esistito un doge di nome Paoluccio. Lo storico Roberto Cessi (Rovigo, 20 agosto 1885 – Padova, 19 gennaio 1969), studioso di storia veneta, lo ha infatti identificato con l’esarca di Ravenna, Paolo, ucciso nel vivo della guerra iconoclastica nel 727, ossia dieci anni dopo la morte attestata di Anafesto. Secondo lo studioso, il nome Paoluccio come primo doge sarebbe nato da un’errata lettura di un cippo di confine corroso dal tempo: un Paulus Patricius (titolo spettante all’esarca) sarebbe divenuto un Paul…icius, da cui Paoluccio. Ovviamente, si tratta solo di ipotesi e i dubbi, al momento, restano.
