Storia di Venezia: l’undicesimo doge – Giustiniano Partecipazio (827–829), il doge della traslazione di San Marco
Il dogado di Giustiniano Partecipazio (827–829) rappresenta una fase cruciale nella storia di Venezia. Nonostante il suo breve regno, Giustiniano è passato alla storia come il doge durante il quale si compì la celebre traslazione delle reliquie di San Marco da Alessandria d’Egitto a Venezia, evento che avrebbe segnato indelebilmente l’identità spirituale e politica della città. Questo articolo analizza la figura del doge attraverso le fonti cronachistiche, le implicazioni religiose e diplomatiche delle sue azioni, il contesto dei rapporti con l’Impero Carolingio e Bizantino e le conseguenze per la futura potenza della Serenissima.
Giustiniano era figlio del doge Agnello (o Angelo) Partecipazio, decimo doge di Venezia. La sua ascesa si colloca nel periodo in cui la carica dogale stava diventando progressivamente ereditaria, sebbene non ancora formalmente. Agnello, sentendosi anziano e probabilmente preoccupato di garantire continuità dinastica in un periodo instabile, nominò Giustiniano coreggente attorno all’825. Questa prassi rifletteva una tendenza bizantina (la cooptazione dinastica), ma anche una risposta alla pressione carolingia, che cercava di ridurre l’autonomia veneziana.
Secondo le cronache, Agnello e Giustiniano ebbero contrasti con un altro figlio, Giovanni Partecipazio, che fu inviato come rappresentante a Costantinopoli, ma poi richiamato a Venezia. Alla morte di Agnello, nel 827, Giustiniano assunse la carica dogale senza opposizione.
Durante il dogado di Giustiniano, Venezia si trovava in una posizione geopolitica ambivalente. Formalmente legata a Bisanzio, godeva tuttavia di una crescente autonomia, sancita anche dai Patti di Pax firmati precedentemente con i Franchi. I patti di pax si riferiscono agli accordi di pace firmati tra Venezia e l’Impero Carolingio, stipulati tra il 812 e l’814, sotto il dogado di Agnello Partecipazio, e sono noti anche come:
Pace di Aquisgrana (Pax Nicephori): trattato stipulato nel 812 tra l’imperatore bizantino Niceforo I e Carlo Magno, che riconobbe a Venezia uno status speciale sotto nominale giurisdizione bizantina, ma con ampia autonomia.
In parallelo, accordi locali tra Venezia e l’Impero franco stabilirono confini, diritti commerciali e l’impegno alla non aggressione, favorendo la stabilità della regione.
Giustiniano mantenne rapporti prudenti con l’Impero Bizantino. Venezia riceveva ancora funzionari imperiali (i spatharios) e i dogi erano spesso insigniti di titoli bizantini. Tuttavia, si assiste a una crescente autonomia veneziana, favorita anche dalla distanza geografica e dai disordini nell’Impero.
Dopo l’epoca di Carlo Magno, il potere carolingio, sotto Ludovico il Pio, tendeva a riaffermare il controllo sull’Italia nord-orientale. Ma Venezia si destreggiava diplomaticamente, evitando scontri diretti e conservando la sua posizione privilegiata come punto di transito commerciale e culturale tra Oriente e Occidente.
L’arrivo delle reliquie di San Marco
Il 31 gennaio 828 due mercanti veneziani, Buono da Malamocco e Rustico da Torcello, trafugarono ad Alessandria d’Egitto le reliquie dell’evangelista Marco, nascondendole sotto carichi di carne di maiale per eludere i controlli musulmani. Secondo la tradizione, l’evento fu ispirato da Giustiniano stesso, o almeno da lui approvato.
L’arrivo delle reliquie a Venezia fu salutato come un miracolo e un segno divino del favore di Dio verso la città. Marco, che secondo la leggenda evangelizzò la regione veneziana, divenne il patrono ufficiale, sostituendo San Teodoro. Il doge fece costruire una cappella nel palazzo ducale per ospitare temporaneamente le spoglie, in attesa di un edificio più adatto.
Implicazioni politiche e religiose
La traslazione rappresentò molto più che un evento devozionale: fu un atto politico. Venezia, dotandosi delle reliquie di un evangelista, si poneva sullo stesso piano delle grandi capitali cristiane come Roma (Pietro e Paolo), Costantinopoli (Andrea) e Santiago (Giacomo). Tale atto elevava la statura religiosa e politica della città lagunare, rafforzando la sua indipendenza sia da Roma che da Costantinopoli.
Durante il suo breve dogado, Giustiniano avviò la costruzione della prima basilica di San Marco, adiacente al Palazzo Ducale. L’edificio, tuttavia, non fu completato sotto il suo governo ma rifletteva già un’intenzione chiara: creare un centro religioso e simbolico nel cuore della città.
Oltre alla basilica, si segnalano rinnovamenti alle fortificazioni e l’inizio di un’organizzazione più sistematica dei quartieri centrali di Rivoalto (Rialto). La città stava gradualmente passando da un arcipelago disperso a un’entità urbana compatta.
La leggenda del leone alato
È sotto Giustiniano che nasce il simbolo del leone alato di San Marco. L’iconografia riprende il passo del Vangelo di Marco “vox clamantis in deserto” e divenne simbolo non solo religioso, ma politico, incutendo reverenza nei nemici e senso d’identità nei cittadini.
Alcune cronache raccontano che lo stesso evangelista apparve in sogno al doge per annunciargli il suo “ritorno” a Venezia. Queste narrazioni furono probabilmente elaborate ex post, ma contribuirono a fondare il mito della protezione divina sulla città.
La prima basilica marciana fu concepita in stile bizantino, simbolo dell’equilibrio culturale e artistico tra Oriente e Occidente. Questo stile influenzò profondamente tutta l’architettura veneziana successiva.
Fine del dogado e successione
Giustiniano morì improvvisamente nel 829. Fu sepolto, secondo la tradizione, nella primitiva basilica marciana. Gli succedette il fratello Giovanni Partecipazio, precedentemente esiliato a Costantinopoli, in un gesto che sembra riflettere una ricomposizione familiare.
Nonostante il suo regno durasse appena due anni, Giustiniano Partecipazio è ricordato come uno dei dogi più significativi del primo millennio veneziano. La traslazione di San Marco costituì un punto di svolta religioso, politico e culturale che consolidò l’identità veneziana come entità autonoma tra Oriente e Occidente.
L’adozione di San Marco come patrono, la costruzione della basilica e la creazione di un simbolismo potente attorno al leone alato segnarono l’inizio di un progetto ideologico che Venezia avrebbe coltivato nei secoli: la costruzione della propria leggenda come “città voluta da Dio”.
