Obelerio Antenoreo (Venezia, seconda metà dell’VIII secolo – 829 circa) è una figura affascinante e ambigua nella storia delle origini veneziane. Fu il nono doge della nascente Venezia e il primo a trovarsi al centro di un conflitto geopolitico che avrebbe condizionato per secoli l’identità della Serenissima: il dualismo tra l’Impero carolingio d’Occidente e l’Impero bizantino d’Oriente. In un’epoca di transizione in cui i Venetici cercavano un assetto politico stabile, Obelerio e la sua famiglia governarono come una piccola dinastia, attraversando alleanze mutevoli, guerre e umiliazioni. La sua parabola, oscillante tra potere e rovina, costituisce uno degli snodi fondamentali per comprendere la genesi della Venezia unita e indipendente.
Obelerio era figlio di un certo Encagilio, probabilmente appartenente a una famiglia originaria di Asolo, poi stabilitasi a Padova, quindi a Brondolo e infine a Malamocco, che al tempo fungeva da centro politico e sede dogale della laguna.
La sua carriera politica ebbe inizio sotto il dogado di Giovanni Galbaio, con il titolo di tribuno. Alla caduta della dinastia galbaiana – un’epoca segnata da violente lotte interne tra le famiglie aristocratiche veneziane – Obelerio venne acclamato doge nell’804 a Malamocco, evento che sancì l’inizio di un potere condiviso e dinastico, quasi monarchico, mai più replicato in quei termini nella storia veneziana.
La dogaressa Carola
Un aspetto particolarmente interessante della figura di Obelerio è il fatto che sia legato al primo nome femminile nella storia ufficiale della dogaressa: Carola, di presunta origine franca. Se il matrimonio fu effettivamente celebrato, come tramandano alcuni cronisti, Carola può essere considerata la prima dogaressa documentata, e il suo ruolo politico, seppur indiretto, potrebbe essere stato significativo nel rafforzare i legami con l’impero carolingio.
Nel tentativo di consolidare il potere e placare le fazioni contrapposte, Obelerio associò al trono il fratello Beato, probabilmente d’orientamento filo-bizantino, dando vita a un dogado collegiale. A costoro si aggiunse poi il più giovane Valentino, un terzo fratello elevato a co-reggente nonostante la minore età. Il dogado divenne così un affare di famiglia.
Un quarto fratello, Obeliebato, non partecipò direttamente al governo: era sacerdote e fu il primo vescovo di Olivolo (oggi San Pietro di Castello), sede episcopale fondata nel 764, sotto la giurisdizione del patriarcato di Grado. La presenza di un membro della famiglia Antenoreo in un ruolo ecclesiastico importante mostra l’ambizione dinastica della famiglia e il suo tentativo di controllare sia il potere temporale che quello spirituale nella laguna.
Il dogado di Obelerio si svolse in un periodo critico in cui Venezia era ancora formalmente sotto l’influenza bizantina, ma attratta sempre più dal crescente potere carolingio. Obelerio e i suoi fratelli si comportarono come banderuole politiche, cambiando schieramento a seconda delle pressioni militari e diplomatiche.
L’omaggio a Carlo Magno (805)
Nel 805, con la Dalmazia in mano franca e l’impero carolingio ormai dominante nel nord Adriatico, i co-dogi si recarono a Diedenhofen (odierna Thionville) per rendere omaggio a Carlo Magno, ottenendo in cambio la legittimazione al potere. Fu un atto di sottomissione clamorosa, che provocò la reazione bizantina.
Quando la flotta bizantina, al comando dell’ammiraglio Niceta, risalì l’Adriatico e riconquistò la Dalmazia, Obelerio dovette abiurare la fedeltà carolingia e giurare obbedienza all’imperatore d’Oriente, Niceforo. Fu insignito del titolo di “spatario”, mentre Beato fu nominato “ipato” a Costantinopoli. La loro doppia lealtà mostrava il fragile equilibrio in cui Venezia si trovava: desiderosa d’autonomia, ma schiacciata tra due imperi.
Nel 809, Pipino, re d’Italia e figlio di Carlo Magno, fu incaricato di punire i “perfidi” Veneziani. La sua spedizione è ritenuta un momento fondante per la città di Venezia.
Davanti all’avanzata franca, che conquistò una dopo l’altra Eraclea, Jesolo, Chioggia e Pellestrina, la popolazione abbandonò Malamocco e si rifugiò a Rialto, considerato più sicuro per la difesa. Fu qui che iniziò il consolidamento urbano e politico della città futura.
Uno degli episodi più celebri di questa guerra è quello della trappola tesa ai Franchi durante la bassa marea. Il comandante veneziano Vittorio d’Eraclea ordinò alle piccole imbarcazioni lagunari di simulare una fuga, attirando così le grandi navi franche in canali sempre più stretti e bassi. Quando la marea calò, le imbarcazioni carolingie rimasero bloccate e furono massacrate con frecce, pietre e pece bollente.
Il canale dove avvenne la strage fu chiamato Canal Orfano, perché divenne “sepoltura di tanti guerrieri”. Questo episodio, narrato con enfasi da cronisti come Giustina Renier Michiel, venne celebrato ogni anno il 25 marzo, giorno dell’Annunziata, come “Festa della Fondazione di Venezia”.
Il declino e la fine tragica
L’instabilità interna e la disfatta diplomatica portarono alla fine del governo familiare degli Antenoreo.
Nel corso del 810, Obelerio, Beato e Valentino furono deposti. Le cronache divergono sull’esatto momento della loro uscita di scena: secondo alcuni, già prima dell’assedio; secondo altri, subito dopo. L’esilio fu il loro destino: Beato fu mandato a Zara, Obelerio si rifugiò nuovamente presso i Franchi, che però lo cedettero ai Bizantini in un accordo politico.
Nel 831, Obelerio tentò un improbabile colpo di stato, forse approfittando di disordini interni o di appoggi residuali. Ma il suo tentativo fallì: fu catturato e decapitato. Il corpo, secondo la tradizione, fu esposto come monito agli aspiranti tiranni, e la memoria della sua ambizione servì da lezione per i dogi successivi.
La nascita simbolica di Venezia si colloca sotto il suo dogado: la difesa di Rialto è l’evento che per la coscienza collettiva veneziana segna la trasformazione da comunità lagunare a entità politica indipendente.

Basta, finiti i Dogi? Argomento interessante, anche le grafiche dei personaggi. Spero continuiate.
Certo che continuiamo. Grazie per l’interessamento. A settembre si ricomincia. Un caro saluto