Oggi qualche notizia, tratta da un tomo ottocentesco, a firma di Bartolomeo Gamba, del 1826, su di un’altra donna veneziana, forse ingiustamente poco conosciuta. La nostra Modesta, nata 15 giugno 1555 da Gerolamo e Maria Dal Moro, ebbe, raggiuntane l’età che glielo permettesse, di cambiare il suo nome in un altro simile per analogia. Così Modesta dal Pozzo divenne Moderata Fonte (e da qui possiamo ben rilevare il marcato senso dell’umorismo della nostra amica). A solo un anno di vita perdette, a causa della peste, entrambi i genitori e, quindi, venne cresciuta dalla nonna materna che la fece studiare in convento dove, sin da subito dimostrò di possedere una memoria prodigiosa. Man mano che cresceva, si dimostrò brillante ed appassionata agli studi tanto da scrivere, in giovane età, alcune composizioni letterarie sia in italiano che in latino. A soli diciassette anni andò in sposa a Filippo di Zorzi, avvocato fiscale alle Acque, con cui visse un matrimonio definito invidiabile per vent’anni. Diede alla luce quattro figli e mai abbandonò la sua produzione letteraria, riuscendo a coniugare con questa sia la perfetta gestione famigliare e l’educazione ed istruzione dei figli che ebbero in lei un’eccellente insegnante. Purtroppo a trentasette anni, a causa di problemi dovuti all’ennesimo parto, Modesta lasciò la vita terrena. Era l’Anno Domini 1592, precisamente il 2 novembre 1592; fu sepolta nel chiostro dei frari minori presso S. Rocco.
Molte delle sue opere andarono disperse ma, fortunatamente, tra quelle sopravvissute alle angherie del tempo, ce ne sono giunte due di rilevante valore. Parliamo del libro del “Merito delle Donne”, una prosa ingegnosa, corredata qua e là da poesie di vario genere che fu data alle stampe a Venezia nell’anno 1600 a cura di Gio. Niccolò Doglioni, che tenne a precisare che, purtroppo, dall’autrice non aveva ricevuto l’ultima lima, ovvero l’ultima correzione della bozza dell’opera in questione o, come diremmo oggidì, l’editing finale. La seconda opera è “Il Floridoro”, poema diviso in tredici canti, pubblicato da Modesta stessa nel 1581, ma che volle successivamente rivedere del tutto, tanto da trasformare completamente l’opera originale che rimase, per tal motivo, inedita. Il lavoro riveduto e modificato vide invece la luce e fu lodato dai suoi contemporanei come opera da “far onore ad ogni uomo di bella fama” tanto che il Cav. Iacopo Morelli attestò che fosse tra i poemi “più degni di essere conservati, perché di bella immaginazione, e con istile disinvolto e pulitezza di lingua condotto”.
Per dovuta completezza segue parte della sua biografia per come è stata scritta sulla prestigiosa Enciclopedia Treccani:
DAL POZZO, Modesta. – Nacque a Venezia il 15 giugno 1555 da Gerolamo e Maria Dal Moro. Rimasta orfana di entrambi i genitori all’età di un anno, trascorse un’infanzia contesa fra parenti interessati al ricco patrimonio che ella aveva ereditato insieme con il fratello Leonardo. Dapprima i due fanciulli furono accolti nella casa dei nonni materni, ma in seguito a dissidi fra parenti, la Dal Pozzo venne prelevata di nascosto e condotta al monastero di S. Marta, dove rimase fino a nove anni; successivamente ritornò presso i nonni materni. La Dal Pozzo aveva già dato prove del suo precoce ingegno, durante il soggiorno al monastero, imponendosi all’ammirazione dei visitatori per l’eccezionale memoria e la prontezza di spirito nel rispondere alle domande che le venivano rivolte. A queste doti si aggiunse anche una notevole vocazione alla poesia e allo studio da parte della Dal Pozzo, la quale fu educata, nella casa dei nonni, con una sorellastra della madre (la nonna materna essendo vedova risposata) e imitò questa giovane zia nel gusto di comporre versi e approfondire le proprie conoscenze. Inoltre il nonno, che era avvocato, incoraggiava i progressi della nipote e le procurava volentieri dei libri; la Dal Pozzo poté formarsi quindi una buona cultura e coltivare la sua vocazione poetica.
Quando la zia sposò Giovanni Nicola Doglioni, la Dal Pozzo andò a vivere con la coppia, non volendo separarsi dalla compagna d’infanzia. Il cambiamento fu vantaggioso per lei; il nuovo zio, infatti, non solo la prese sotto la sua protezione “come sorella sempre amandola”, ma conoscendo le sue attitudini letterarie, completò la sua formazione culturale fornendole utili consigli e suggerimenti sull’arte di scrivere in versi ed in prosa. Il Doglioni si preoccupò anche di trovare un discreto partito alla sua pupilla e, nel 1572, la maritò con l’avvocato Filippo Giorgi, dalla cui unione nacquero quattro figli. La Dal Pozzo non trascurò, dopo il matrimonio, la sua passione letteraria e continuò a comporre opere di vario genere; ma dei suoi numerosi scritti di argomento religioso o mondano solamente alcuni furono editi per l’interessamento del Doglioni. Nel 1581 uscirono a Venezia, sotto lo pseudonimo di Moderata Fonte, i Tredici canti del Floridoro, poema dedicato ai granduchi di Toscana Francesco de’ Medici e Bianca Capello.
Nel quarto canto del poema la Dal Pozzo anticipa già alcune riflessioni sulla condizione femminile dell’epoca, che più tardi saranno svolte compiutamente nell’opera postuma Il merito delle donne. L’autrice osserva infatti che la presunta inferiorità della donna rispetto all’uomo non è determinata da fattori biologici, ma dalla diversa educazione che ella riceve; rivendicando per la donna il diritto allo studio e a un ruolo non subalterno nella società, la Dal Pozzo si colloca tra le prime fautrici dell’emancipazione femminile, di cui precorre i temi fondamentali.
